Narrativa
Nonostante fossi stato e sono un lettore ad alta tensione, onnivoro e vorace, il coraggio di approcciare la narrativa mi venne molto tardi. Forse aveva ragione Cioran: "La prosa esige maturità e una lingua ben strutturata".
Il romazo l'ho vissuto come un difficile orizzonte intermedio tra estrema sintesi interiore (poesia) ed estremo universo significante (saggistica). Ho finito di scrivere nel 1999 Melopea Barcocca, e nel 2001 Germogli in cerca di Primavere, che furono entrambi pubblicati da Simonelli Editore (Milano) nel 2006. La latitudine dei cavalli lo terminai di scrivere e fu pubblicato nel 2015. Agli antipodi di Penn Station fu terminato e pubblicato nel 2016, stesso editore. La raccolta di poesie Tra amebe e Quasar, fu scritto tra il 1973 e il 1989 e pubblicato nel 2016 dallo stesso editore.
La latitudine dei cavalli
“Ci sono invenzioni letterarie che s’impongono alla memoria per la loro suggestione verbale più che per le parole” diceva Italo Calvino nelle “Lezioni americane”: ebbene, questo romanzo s’impone sia per la sua suggestione verbale che per le sue parole. Una lunga paziente sedimentazione, segnala la profonda stratificazione geologica dell’opera, l’impertinente diversificazione delle modalità di scrittura e la pluralità dei materiali confluiti a comporne l’architettura. L’autore riesce a unificare magistralmente la generazione spontanea delle immagini e l’intenzionalità del pensiero discorsivo. Il risultato è di una rara potenza espressiva. La tormentata storia d’amore tra Massimo ed Emma nata da un’attrazione prorompente degenera in
un’implacabile noia quotidiana. Ma l’insofferenza per la convivenza maschera la crisi esistenziale di Max e alimenta il suo desiderio di fuga in un altrove di solitudine, di natura e di sensualità. Di pagina in pagina il romanzo, con uno sguardo ironico e disincantato, si arricchisce di personaggi e intrecci avvincenti ambientati tra le due sponde del Mediterraneo. Tenero e disperato, goffo e temerario, razionale e sognatore, ammaliato dalla fantasia, la libertà e l’intraprendenza, nauseato dal narcisismo e dal nichilismo dilaganti, Massimo possiede una forza vitale che lo sospinge verso nuove esperienze emotive dentro gli echi del tempo passato e i rumori assordanti del tumulto che ci sommerge, fino a ritrovare Emma, al centro dell’Atlantico, nell’autunno della vita.


Germogli in cerca di primavere
Questo potrebbe definirsi un romanzo “totale”: un tentativo di calarsi nel mistero delle cose, di realizzare
una ricognizione materica di suggestiva intensità. Ma, potrebbe anche definirsi un viaggio al centro della
scrittura, sia nella condizione di laboratorio sia in quella di manipolazione dei vari linguaggi e delle varie strutture adottate. La realtà è vissuta per frammenti nel tentativo di riandare ad una dimensione “epica”. L’autore mescola e moltiplica le piste, gli snodi, le storie, il prossimo e l’intimità, la follia e la saggezza. Mette a frutto tutte le risorse di una narrativa d’avanguardia: dal flash back alla circolarità temporale, dal monologo interiore all’amplificazione grottesca. Ne viene fuori una brulicante proliferazione di idee, immagini, la continua esplosione di materia letteraria che, attraverso il protagonista, propone ammalianti squarci narrativi. Insomma, un debordante e straniato pastiche.
Marco Germani è il navigatore di una Odissea, priva di iperboli ma immersa in un tornado di esperienze
emozionanti che corrono nei cinquant’anni che vanno dal secondo dopoguerra ai giorni nostri. Dalla tragica morte della moglie Guandalee in un incidente aereo a largo di Long Island, parte il tentativo di rivisitare la sua vita: i viaggi, i libri e i figli non riescono a fargli vincere le “tautologie della noia e della nostalgia”. L’atmosfera di Roma, dove lavora, l’incanto sempre vivo di New York o la magia di un’India antica e postmoderna, non riescono a cicatrizzare il suo tormento. Di qui la nececessità di ricostruire e mettere in ordine la sua storia personale, che come effetto collaterale ha quello di restituirci, attraverso lenti inusitate, lo spirito di un’intera generazione passata indenne attraverso il Sessantotto e il suo orrendo riflusso. Le stravaganti amicizie per lui che è “un ragazzo tranquillo”, le lotte studentesche, i conflitti generazionali, gli amori tiepidi e quelli bollenti, gli abbandoni, i viaggi solitari, i diversi mestieri per vivere rappresentano gli snodi principali di questo romanzo bello e coinvolgente. Nel mezzo della bolgia degli anni Ottanta gli passa per la mente un’idea stravagante divertente e proficua: mettersi a fare il Ghost
writer che scrive autobiografie taroccate su commissione dei Vip e dei boriosi divi della televisione. L’incontro con Guandalee, una meravigliosa indossatrice americana che diventerà la donna della sua vita, avviene proprio frequentando questo ambiente. Il sarcasmo sui potenti e sul potere e lo scandaglio della realtà politica italiana, fino ai fuochi d’artificio sull’Italia di oggi, interagiscono con i nuclei di vita vissuta, per procedere verso la costruzione di un dialogo allargato, che conferisce spessore alla specificità antiromanzesca dell’opera.
Melopea barocca
In questo romanzo l’utilizzazione sapiente e dotta di stilemi già acquisiti dalla sensibilità e dalla cultura
corrente, sono trattati in modo originale e sono motivati dalla lucida esigenza di un discorso drammaticamente attuale. Nella sua trama bella e coinvolgente, è presente un lancinante scandaglio di realtà, spesso contraddittorie ma comunque definibili come una tensione continua alla “contemplazione”, che sembra riannodare in sé e quasi placare il conflitto dell’essere e i molti enigmi che oscurano le verità dell’esistenza sociale e sentimentale del nostro tempo. La famiglia e il mito dell’amore sono ancora spendibili, realizzabili, nella società postmoderna e globalizzata?
Le storie che si snodano in questo romanzo ci immergono in uno spazio liquido fatto di sentimenti, follie, tradimenti, compromessi e infatuazioni che intrecciano i destini, la vita quotidiana e le relazioni
sentimentali dei protagonisti. I personaggi non sono miliardari arroganti e vuoti, neanche piccoli borghesi
schiacciati dall’invidia e dalla precarietà, ma membri della middle class colta ed evoluta, spesso al riparo da tutti i lenocini del mercato. Maschere inquietanti, desideri repressi che vengono improvvisamente a galla, tensioni erotiche rimaste per troppo tempo sotto traccia: una spirale che raggiunge il suo acme scontrandosi con la cruda pulsione alla sopravvivenza che non può essere dissimulata. Sostenuto da un forte impegno etico e civile e da una presa violentemente sarcastica su una realtà franta, per molti versi incomprensibile, questo romanzo grottesco e insieme proteso verso abissali profondità metafisiche, disegna un affresco impietoso del nostro tempo fluido e straripante di apparenze, una
radiografia del deserto quotidiano, del cortocircuito morale, illuminata da una scrittura emotiva e vivacissima e da un folgorante ottimismo di fondo.


Agli antipodi di Penn Station
Il giovane Nikita si è lasciato alle spalle la tragica guerra civile che stava sconvolgendo Sarajevo: vi aveva
perso tutta la famiglia insiema alla sua ragazza. La fuga spericolata dal mattatoio jugoslavo, attraverso ’Austria, lo ha portato in Italia dove aveva progettato di sistemarsi. Adele, un’adorabile giovane mamma vive, intanto, la sua vita ordinata e confortevole a Verona, ma sta cominciando a maturare l’angosciosa consapevolezza subliminale di quanto fosse freddo e insoddisfacente il rapporto emotivo che la legava al marito. Come accade agli animali in fuga da qualcosa che li può annientare, tutte le facoltà di questi due giovani, ciascuno per proprio conto e per diversi itinerari, entrarono in tensione a cogliere sensazioni e indizi, a capire i misteri dell’esistenza nella selva del mondo attraversato da ombre minacciose e da esaltanti e
imprevedibili rivelazioni. Quando le strade di Nikita e Adele, casualmente, si incrociano, tutti i segreti delle loro vite rischiarono di esplodere. La galleria dei personaggi che ruotano attorno alla loro storia, non fanno che diversificare le insidie con cui si devono misurare: il lato oscuro dietro ogni luce. Agli antipodi di Penn Station è un romanzo spietato e pieno di speranza. Un’architettura perfetta, una scrittura fluida di pura energia, percorre il rapporto obliquo che passa tra la cronaca di costume e la cronaca sociale del nostro tempo aperto a sviluppi imponderabili.
Tra amebe e Quasar
In queste tre brevi raccolte poetiche l’autore utilizza un linguaggio evocativo di grande incisività che si pone come una sorta di “Koiné post-ermetica”. Un linguaggio capace di filtrare, nella raffinatezza verbale, con inusitata cifra stilistica, il mitologismo mediterraneo, l’ossessione per il paradiso perduto, il rifiuto dell’alienazione metropolitana e tecnologica, l’orrore della guerra. Rabbia e sarcasmo si mescolano ad un sottofondo di misurata allegria e ad una spontanea sensualità che l’autore esprime con un linguaggio asciutto dove l’isolamento della parola o del frammento conferisce valore di sonorità e ritmo ad una lingua parlata resa vibrante dalle immagini più suggestive e simboliche della contraddittoria e complessa esistenza contemporanea. Poesie come “astrazioni rapprese” che evocano la scansione temporale ma anche la seduzione della natura che non rifiuta l’artificio. Il tutto è sospeso su una geometria sotterranea in cui si sciolgono magmatici legami semantici e ritmici che dilatano le scarne figurazioni precipitandole in efficaci estraneazioni cognitive. Il nucleo ideologico di questa poetica ha la peculiarità di non appiattirsi sulla frattura tra essere ed esistenza, ma di non approdare neppure, completamente, alla fiducia smisurata nello spirito creativo dell’uomo.
