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El Ejido: Eurabia

Cent'anni fa la frontiera tra Est e Ovest correva nei pressi della Bosnia-Erzegovina, quella tra Nord e Sud per il CentroAfrica, oggi, queste frontiere attraversano ogni singola città europea.

Nel Mediterraneo c’è una giovane società che sta tentando, gradualmente, di
colonizzare, in modo interstiziale, la regione nordoccidentale di un continente senescente e
fortemente laicizzato. Oggi nell’Unione Europea abitano almeno 20 milioni di musulmani, un
numero che sembra destinato ad aumentare. Forse, alla fine del ventunesimo secolo i musulmani
non saranno la maggioranza in Europa, come aveva profetizzato Bernard Lewis, ma non è escluso
che supereranno il numero dei credenti cristiani, visto l’incredibile calo di fedeli e praticanti
registrati in Europa.
Si consideri che il tasso di crescita demografica nel Magreb è 7 volte maggiore di
quello della vicina Spagna e Francia. Nella zona settentrionale, proprio di fronte a Gibilterra, si
trova la piccola enclave di Ceuta, una delle poche vestigia del passato imperiale spagnolo. La
costruzione, finanziata dall’UE, di una recinsione lunga 8 chilometri e munita di filo spinato, torri
di controllo e telecamere a raggi infrarossi, rallenta ma non blocca l’arrembaggio di chi sogna il
welfare europeo come risarcimento coloniale. El Ejido è invece la porta d’ingresso per l’Europa,
via mare, partendo dalle Canarie. Lì 40mila immigrati lavorano, a rotazione, nel calore
asfissiante delle serre, in condizioni che pochissimi spagnoli sono disposti a sostenere, ma
potrebbero esserlo centinaia di robot umanoidi. Com’era prevedibile, la crescita delle comunità
musulmane sta generando un forte malanimo nei cosiddetti “vecchi europei”.
Le tensioni etniche sono fenomeni familiari per chiunque intrattenga rapporti con la
storia. Gli entusiasti dell’economia aperta di mercato, con liberi flussi di merci, capitali e
lavoratori oggi recitano, addolorati e contriti, il De Profundis della Globalizzazione (ma non dei
movimenti migratori!?). Gli altri, i trogloditi dell’autarchia, festeggiano il fatto che “la terra è
piatta”, un campo da gioco livellato, dove tutti i paesi, chiusi nei loro perimetri, possono
combattere ad armi dispari, per una fetta del mercato, alzando muri tariffari.
Nel 52° capitolo di “Declino e caduta dell’impero romano”, Edward Gibbon pose uno dei
quesiti controfattuali più importanti della storia: se nella battaglia di Poitiers del 732 i francesi
non fossero riusciti a respingere l’invasione dell’esercito musulmano, l’Europa occidentale
sarebbe caduta tutta sotto il controllo dell’Islam? “Forse” rifletteva Gibbon con la sua
inimitabile ironia “nelle scuole di Oxford oggi si insegnerebbe l’interpretazione del Corano e i
suoi predicatori enuncerebbero la santità e la verità della rivelazione di Maometto a una folla di
fedeli circoncisi”. L’intenzione era quella di divertire i lettori e forse farsi beffe della sua vecchia
Università ma oggi, a Oxford, sono stati ultimati i lavori del nuovo Centro di islamistica e in
aggiunta alla tradizionale corte quadrangolare dell’Università sorge anche una sala di preghiera
con una cupola e un minareto.
A questo brillante sarcasmo di Gibbon ha fatto eco, più recentemente, una provocazione
altrettanto brillante rappresentata dal romanzo fantapolitico dello scrittore francese Michel
Houellebecq, che immagina un vicino futuro nel quale un partito musulmano tradizionalista e
patriarcale sia in grado di vincere le elezioni presidenziali in Francia imponendo la Shari’a.
“Il futuro è sempre una sorpresa”, scrisse Hilaire Belloc in The Great Heresies 1938 “ma
la saggezza politica consiste nel tentare un giudizio almeno parziale su quale possa essere questa
sorpresa. E da parte mia non posso che credere che uno dei principali imprevisti del futuro sia il
ritorno dell’Islam”. Infatti, qualche sorpresa la possiamo già notare: dopo le attrezzatissime e
diffuse Corti alternative inglesi, ora un tribunale ordinario austriaco autorizza l’uso della Shari’a
nei contratti privati innescando il rischio di una giustizia parallela incompatibile con i nostri
principi giuridici e costituzionali.
Il compimento dell’ignara profezia di Gibbon è il simbolo migliore del nuovo
orientamento del mondo occidentale democratico: la tolleranza verso gli intolleranti, il
contrario del suggerimento di Popper. E’ stata la tendenza soggiacente in tutta la seconda metà

del ventesimo secolo. Il declino occidentale non ha assunto la forma che Oswald Spengler aveva
immaginato scrivendo “Il tramonto dell’Occidente” all’indomani della prima guerra mondiale. E’
accaduto, invece, che la decadenza materiale, e soprattutto morale, dell’Occidente è stata
accelerata proprio da quel risveglio della “potenza del sangue” voluta dai “nuovi Cesari” previsto
da Spengler.
Cent’anni fa l’Occidente dominava il mondo. Oggi, dopo un secolo di ripetute lotte
intestine tra gli imperi europei, non è più così. Cent’anni fa la frontiera tra Est e Ovest correva nei
pressi della Bosnia-Erzegovina, quella tra Nord e Sud passava per il centr’Africa; oggi, queste
due frontiere, sembrano attraversare ogni singola città europea. Ciò non vuol dire che lungo
queste linee di frattura i conflitti siano inevitabili ma che, se la storia del ventesimo secolo
insegna qualcosa, il fragile edificio della civiltà può crollare da un momento all’altro perfino dove
i diversi gruppi etnici sembravano ormai ben integrati, condividendo la stessa lingua, se non
addirittura la stessa fede, come accade oggi negli Stati Uniti di MAGA, tra rastrellamenti di massa
e deportazioni alla cieca.
Il ventesimo secolo insegna che la volatilità economica accresce le probabilità di un passo
indietro, in particolar modo nel contesto del nuovo Stato sociale emerso nella prima metà del
secolo, con i suoi alti livelli di scambi distributivi, poiché è più probabile che minoranze etniche
siano viste con ostilità maggiore in tempi di crisi o quando aumentano i differenziali di reddito.
Alla vigilia del ventesimo secolo, Herbert George Wells aveva immaginato la guerra
dei mondi, un’invasione di marziani che avrebbe devastato la Terra. Nei cent’anni successivi, gli
uomini hanno dimostrato che per ottenere una distruzione del genere non è necessario l’intervento
alieno. E’sufficiente bollare come “alieno” questo o quel gruppo di consimili e farli fuori. E’stato
fatto con livelli di ferocia diversi, in luoghi diversi e in momenti diversi, ma ora i fattori comuni
che collegano gli avvenimenti più sanguinosi, anche all’inizio del ventunesimo secolo,
dovrebbero essere abbastanza eloquenti.

Tommaso Basileo

®TommasoBasileo - 2024

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