I mass-media plasmano le nostre percezioni
La realtà di oggi è ciò che emerge dall'incrociarsi e dal contaminarsi dell'oceano di informazioni e immagini che distribuiscono i massmedia, che ci plasmano in profondità.
Non c’è più alcun dubbio: i mezzi di comunicazione di massa sono oggi i tramiti non solo
della socializzazione politica e culturale ma, più in generale, della produzione e distribuzione
sociale della conoscenza.
Oggi sono essenzialmente i media stampati ed elettronici insieme ai Social a plasmare
le nostre attitudini percettive, a stabilizzare criteri di senso collettivi che ci consentono la
comprensione del presente e che fungono da costante contesto di riferimento per orientare
anche la nostra esperienza personale.
Di fatto, e paradossalmente, l’intensificazione delle possibilità di informazione sulla realtà
nei suoi vari aspetti rende sempre meno concepibile la stessa idea di una realtà. Il Prof. Vattimo
sostenne, a questo proposito, che forse si attua, nel mondo dei mass-media, una “profezia” di
Nietzsche: “il mondo vero alla fine diventa favola”. La realtà, oggi, è il risultato dell’incrociarsi,
del contaminarsi, delle molteplici immagini, interpretazioni, ri-costruzioni che, in concorrenza tra
loro o comunque senza alcuna coordinazione “centrale”, i media distribuiscono. Tutto ciò ha alla
propria base, l’oscillazione, la pluralità e in definitiva l’erosione dello stesso principio di realtà.
Caduta l’idea di una razionalità centrale della storia, il mondo della comunicazione
generalizzata esplode come una molteplicità di razionalità “locali” - differenze etniche, sessuali,
religiose, culturali o estetiche – che prendono la parola, non più tacitate e represse dall’idea che ci
sia una sola forma di umanità vera da realizzare, a scapito di tutte le peculiarità, di tutte le
individualità limitate, effimere, contingenti. La liberazione delle diversità è un atto con cui esse si
presentano, si mettono “in-forma” in modo da potersi far riconoscere; tutt’altro che una
manifestazione bruta dell’immediatezza.
Vivere in questo mondo molteplice potrebbe significare fare esperienza della libertà come
oscillazione continua tra appartenenza e spaesamento. Così, se professo il mio sistema di valori –
religiosi, politici, etnici – in questo mondo di culture plurali, potrò maturare, se non sono un
fanatico, anche un’acuta coscienza della storicità, contingenza, limitatezza, di tutti questi sistemi a
cominciare dal mio.
Intendiamoci, questo “effetto” dei media è tutt’altro che garantito, è solo una “possibilità”
da riconoscere e da coltivare, perché noi, piuttosto, facciamo fatica a concepire questa
oscillazione come libertà: la nostalgia degli orizzonti chiusi e rassicuranti è sempre molto radicata
in noi come individui e come società.
Secondo l’analisi funzionalista il flusso imponente di informazioni e di stimoli che
investe i soggetti, esercita una pressione crescente sulla loro capacità di attenzione e di
selezione, al di fuori delle tradizionali sedi di mediazione della conoscenza e dell’informazione:
la famiglia, la scuola, le associazioni culturali, le organizzazioni politiche, sindacali, religiose. Ne
nascerebbero contraddittori e delicati problemi di interazione tra la fonte telematica e la grande
maggioranza degli utenti che non disporrebbero di griglie selettive adeguate alla quantità e alla
varietà dell’informazione. Il rischio di una “riduzione della complessità” debole, casuale o
addirittura caotica minaccerebbe i processi “normali” di formazione delle identità individuali e
nuove forme di socializzazione interferirebbero con i canali tradizionali di costituzione delle
identità collettive: la produzione industriale di fake news rappresenta l’apice distorsivo di questa
socializzazione. Fra l’altro, l’accelerazione dei ritmi dell’esperienza promossa dalle nuove
tecnologie, sembra responsabile di una crescente privazione sensoriale degli esseri umani.
Può sembrare strano ma anche le moderne neuroscienze ci dicono che le nostre percezioni
sono illusioni modellate dall’interpretazione dei dati sensoriali da parte del nostro cervello. Noi
non sperimentiamo il mondo direttamente ma attraverso una realtà costruita, ma costruita
attraverso cosa? Attraverso i media multimediali.
Entrando nel particolare, le comunicazioni di massa, svolgerebbero una funzione di
duplicazione surrogatoria dell’esperienza. Il mezzo televisivo, soprattutto, offre in alternativa
all’esperienza diretta uno spazio simbolico entro il quale diviene praticabile ciò che la “schiavitù
della concretezza” renderebbe altrimenti impossibile. E la fruizione simbolica del possibile
tenderebbe a marginalizzare l’esperienza diretta, inducendo una sorta di propensione al risparmio
dell’attività personale. Nel lungo periodo persino la percezione sensoriale ne viene influenzata, al
punto che è l’interazione simbolica con i media a fornire i frames primari dell’esperienza diretta,
e non viceversa.
I mezzi di comunicazione di massa hanno pure l’effetto di escludere come “non reale”
ciò che è estraneo alla loro immagine della realtà e a produrre una sorta di smaterializzazione
della vita e di stilizzazione spettacolare dei rapporti sociali. Ne deriva, in generale, un aumento
della astrattezza simbolica, della contingenza e della plasticità dell’ambiente sociale, che sempre
meno può essere pensato ed esperito come una realtà oggettiva, statica e unidimensionale. Esso si
profila piuttosto come il risultato altamente variabile dell’interazione fra rappresentazioni
selettive di una “realtà” che il soggetto non sembra in grado di controllare. Egli può infatti
smarrire ogni possibilità di confrontarla criticamente con qualcosa che non sia un’esperieza
mediata dai mezzi di comunicazione di massa stessi.
Infine, gli effetti cognitivi rilevanti, nel lungo periodo hanno un’importanza estrema dal
punto di vista teorico-politico. Tali effetti sono: la definizione dell’orizzonte di ciò che è
pubblicamente oggetto di attenzione ed è perciò assunto come socialmente rilevante e, al limite,
esistente. Per sottrazione l’effetto consiste nella determinazione di ciò che non riuscendo a varcare
la soglia della comunicazione multimediale è socialmente relegato nella disattenzione e
nell’inesistenza. In altri termini, i mass-media non si può dire che trasmettano prescrizioni
ideologicamente vincolanti su temi specifici, ma concentrano l’attenzione del pubblico su
certi temi escludendo dall’orizzonte cognitivo o sfumando la pertinenza di altri temi. I
media, quindi, svolgono un ruolo decisivo nel selezionare ciò che il pubblico percepisce come
rilevante perché sono deputati a stabilire e a distribuire quelli che potremmo chiamare i “valori di
attenzione”: sono cioè i più efficaci modulatori dell’attenzione pubblica, quando non diventano
produttori di “verità” complottiste.
In questo quadro è indispensabile non tralasciare Internet: un oceano di informazioni
che non usiamo per arricchirci attraverso il confronto con la pluralità degli approcci e delle
visioni, ma per trovare conferme ai nostri tic e pregiudizi e per rafforzarli. La polarizzazione
crescente e distruttiva, su ogni tema caldo in discussione, fiorita come una pianta tossica, una
sorta di guerra civile strisciante, sulla parte democratica del Globo Terracqueo, nasce da qui.
Tommaso Basileo