L’eredità di Dahrendorf
Un solo antagonismo si svolge nelle nostre società post-industriali : quello fra la disponibilità di risorse pubbliche e il diritto di accedervi
“Per fondati che siano, i diritti dell’uomo, sono diritti storici, cioè nati in certe circostanze,
contrassegnate da lotte per la difesa di nuove libertà contro vecchi poteri, gradualmente, non tutti
in una sola volta e non una volta per sempre. Il problema del “fondamento” assoluto, irresistibile,
inoppugnabile, dei diritti dell’uomo, è un problema mal posto” (Bobbio).
Quella dei diritti di cittadinanza non è una parola-chiave perfettamente cristallina,
pacifica, neanche per Dahrendorf. La cittadinanza rappresenta simultaneamente l’obiettivo alto
della politica e il criterio che stabilisce i nuovi ambiti di esclusione. Dahrendorf non ha tutti i torti
quando asserisce che la società, spesso e volentieri, è un “eufemismo” per indicare i “confini
territoriali delle nazioni”; spesso e volentieri, parallelamente, la cittadinanza equivale
all’articolazione interna o alla logica di questo “eufemismo”.
Entitlements e provisions stabiliscono i due poli di una separazione, parzialmente
legittima nel secolo decimonono, diventa dannosa e fuorviante nella società post-industriale
digitalizzata, qualora voglia derivarsene un’alternativa di indirizzi teorici o di partiti politici. Già
sulla base di osservazioni empiriche, si può notare come alcune persone dedicano le loro
energie e la loro vita a creare ricchezza, altre invece, ad ampliare i diritti civili. Un solo
antagonismo apre i nostri occhi sul nocciolo essenziale dei processi della società e della
politica moderne: quello fra ricchezza e cittadinanza, o, fra disponibilità di beni, risorse
(provisions) e diritto di accedervi (entitlements).
Da una parte provisions e entitlements non debbono venir confusi, giacché stabiliscono una
distinzione reale e ineliminabile, senza cui sarebbe poi impossibile riconoscere la natura vera del
conflitto nella società moderna; dall’altra parte, però, i due concetti non vanno isolati e separati,
quasi costituissero due partiti reciprocamente avversi, perché solo la loro sintesi consente di
comprendere adeguatamente la realtà.
La distinzione tra provisions e entitlements si è però tramutata, nella società
moderna, in una “separazione” astratta, che ha determinato la contrapposizione di due
partiti, quello della “crescita economica” e quello dell’”ampliamento dei diritti”. Occorre
invece adoperare un concetto più comprensivo, capace di esprimere la combinazione dei due
elementi: e tale combinazione può essere espressa con la categoria delle “Chances di vita”, che
sono un prodotto degli entitlements e delle provisions. Ognuno può comprendere che non si può
distribuire ciò che non si è prodotto.
In prima approssimazione le chances di vita seguono il livello del progresso in una
società. Compito della libertà è di operare, e se necessario combattere, per un aumento delle
chances di vita. A volte, questo richiede soprattutto attenzione agli entitlements, altre volte
vengono in primo piano le provisions, ma c’è sempre qualcosa di più da fare. Non c’è mai una
quantità abbastanza grande di chances di vita per un numero abbastanza grande di persone. Le
chances di vita seguono dunque il “senso della storia” stabiliscono un “progresso”, e consentono,
soprattutto, la “progressiva” conquista di una “società aperta”.
Dahrendorf rileva limiti effettivi e sostanziali nelle esperienze riformistiche dei paesi
sviluppati, specialmente in Europa. Il punto forte della sua riflessione, misurata sul metro di
un’istanza genuinamente liberale, è questo: le strategie socialdemocratiche mostrano limiti e
dèfaillances non perché avanzano pretese di cambiamento eccessive, ma al contrario perché
mancano, al riguardo, della necessaria radicalità; perché appunto, circa aspetti decisivi,
mantengono la dinamica sociale entro limiti ristretti, già segnati. Tracciando i contorni della realtà
che sottopone a critica egli fa riferimento a due linee di sviluppo storico: 1) l’emergere del
sistema di regolazione neocorporativo, 2) l’affermazione dei diritti sociali di cittadinanza.
Il primo fenomeno è presentato come uno sviluppo iscritto nel processo di
democratizzazione della lotta di classe. Lo stabilizzarsi, cioè, delle realazioni, dove il conflitto e
lo scontro tra i soggetti collettivi protagonisti della dinamica economico-sociale: lo stabilizzarsi
di un assetto di conflitto-accordo, di scontro-intesa riguardano le proporzioni in cui deve essere
divisa la torta delle provisions.
Gli elementi costitutivi sono dunque, da un lato, un sistema di rapporti tra organizzazioni
rappresentative dove infine prevale il dato collusivo, la formazione di un cartello di interessi al
cui interno si svolge il conflitto sociale.
Quanto ai diritti sociali di cittadinanza, l’ambito è quello delle politiche di welfare, ossia di
strategie che danno luogo a cospicui trasferimenti di redditi e a vasti programmi di assistenza, a
un alto livello di tassazione e di spesa pubblica per finanziare gli uni e gli altri, a una forte
espansione del “servizio pubblico” per amministrare il tutto.
Il modello socialdemocratico è definito da Dahrendorf: una prospettiva politica in affanno
ma che rimane “umana e ragionevole” e che tuttosommato “ha fatto meglio del previsto”.
Tuttavia, questo modello è, comunque, “vicino ad aver esaurito le sue risorse”.
Per quanto riguarda il neocorporativismo, nella regolazione della lotta democratica di
classe, tende a depotenziare il conflitto come motore del cambiamento. Da questo punto di
vista il sistema di composizione degli interessi crea rigidità anziché movimento, inibisce le spinte
alla trasformazione, dà luogo a una situazione vischiosa, opaca: finisce per diventare una “enorme
palla di cera” al cui interno tutto è lento e difficile. Contestualmente c’è una perdita di controllo
da parte dei singoli su “cosa prendono, quando e come”, non capiscono più cosa danno e cosa
ricevono (in generale sottovalutano ciò che ricevono), una sorta di trascendimento degli individui
nella logica dell’accordo tra le organizzazioni. E c’è, propriamente, la chiusura corporativa, il
protezionismo della “classe maggioranza”, la difesa di chi sta dentro la “palla di cera” dalle
istanze di chi è rimasto fuori, la produzione di esclusione o, comunque, la mancanza di inclusione.
In merito ai diritti sociali di cittadinanza, incombe “l’incubo weberiano” della
burocrazia. Enormi masse di risorse devono essere gestite attraverso processi amministrativi
sempre più complicati e pervasivi che, oltre ad assorbire un’ampia quota delle risorse stesse per
l’automantenimento degli apparati, creano “una gabbia di vincoli in cui ogni iniziativa e
individualità vengono soffocate”. Problemi essenzialmente individuali, appunto, vengono
generalizzati, formalizzati, ridotti a casi impersonali, mentre nuovi ostacoli – procedurali,
informativi, logistici – si frappongono all’accesso alle provisions, rendendo problematico l’uso
effettivo degli entitlements formalmente sanciti.
Infine, nel suo motivo più sostanziale, la critica di Dahrendorf del modello
socialdemocratico verte sul fatto che esso genera passività, in cui gli individui sono indotti ad
ottenere, o pretendere, la soluzione dei loro problemi piuttosto che a costruirla. Luogo del
protagonismo e dell’iniziativa degli individui dovrebbe rimanere il mercato.
Tommaso Basileo