Oltre il “Tractatus”?
L'applicazione delle nostre leggi scientifiche alla natura è una intuizione a priori della forma
Approcciai giovanissimo il Tractatus Logico-Philosophicus soprattutto perché il circolo di
Vienna lo presentava come il colpo definitivo al pensiero metafisico. Era veramente tosto: un
distillato talmente puro di enunciati che se saltavi una virgola non capivi più nulla. Allora, mi
domandai se fosse così utile percorrere vie tanto impervie e criptiche per sbugiardare i metafisici.
A me sembrava così ovvio che, una persona sana di mente, si dovesse convincere che i mobili di
casa propria rimanessero al loro posto anche dopo che si fosse usciti dalla porta.
Per tanto tempo si è parlato di indifferenza di Wittgenstein verso la filosofia della scienza, e
questo è vero se si intende per filosofia della scienza il fisicalismo. L’asserzione non è invece
vera se si capisce che l’interesse di Wittgenstein era diretto all’aspetto linguistico della
scienza. Wittgenstein ha escluso, in base alla sua visione delle strutture logiche, che la natura
possegga delle leggi e afferma che la riuscita applicazione delle nostre leggi scientifiche alla
natura è una intuizione a priori delle forme che si possono dare alle proposizioni della
scienza. Una posizione analoga a quella di Kant.
Quindi, mentre il fisicalismo implicava che il discorso costitutivo di una teoria rimandi a
rilevazioni della fisica, Wittgenstein attribuiva realtà solo ai fatti determinati da strutture generali,
quali lo spazio, il tempo, il colore e così via, perché queste strutture sono logiche e non derivate
dalle osservazioni.
Anche il problema dell’induzione, trattato ampiamente dopo di lui, viene posto come problema di
tipo logico e non osservativo. In generale, il problema di tutte le leggi scientifiche è nel
TRACTATUS connesso all’esame del concetto di relazione, e non è connesso a quello delle
conferme empiriche.
Le leggi scientifiche sono concepite come forme logicamente costruite; il passo successivo è
quello di ricercare i principi su cui si fondano. Wittgenstein però non si ferma qui, ma cerca di
derivare i principi logici su cui si fondano le leggi scientifiche dalle idee generali del Tractatus.
Secondo il Tractatus tutte le proposizioni sono o descrittive o logiche o prive di senso. In
quale di queste tre partizioni si collocano le leggi che un tempo erano ritenute “leggi di natura”?
In nessuna delle tre. Infatti esse non sono enunciati analitici e neppure sono prive di senso perché
dicono di certo qualcosa del mondo.
D’altra parte le leggi naturali non sono proposizioni generali. Infatti esse non asseriscono un certo
numero di casi singoli, ma sono funzioni proposizionali il cui valore si estende, in linea di
principio, ad un numero illimitato di casi.
Le conferme sperimentali non aggiungono e non tolgono nulla alle leggi scientifiche e di
conseguenza queste leggi descrivono solo casi già avvenuti, non hanno alcun potere
previsionale.
Le leggi scientifiche quindi, nella concezione logicista che Wittgenstein adotta nel Tractatus, non
sono proposizioni genuine che possano essere costruite a partire da certe proposizioni atomiche.
Sono invece dei modelli per costruire delle proposizioni e trattano di quella rete che è la scienza e
non di ciò che è preso nella rete.
Le leggi naturali sono dei prototipi logici e più che descrivere il passato ed il futuro sono regole a
priori con le quali produrre asserzioni significanti su stati di cose che non abbiamo mai
sperimentato. In definitiva le leggi naturali dicono solo come i fatti devono essere descritti. Si
palesa in queste posizioni di Wittgenstein una propensione verso quella che si usa definire una
posizione strumentalistica sulla natura delle leggi scientifiche.
COSA RESTA DI TUTTA QUESTA COMPLICATA ELABORAZIONE?
E’ bene ricordare che il convenzionalismo ed il realismo, hanno trovato in tempi successivi
difensori validissimi ma anche robusti detrattori.
Lo strumentalismo di Wittgenstein resta tuttavia importante perché permette al metodologo
di affermare quanto segue: dire quali descrizioni sono corrette è compito dello scienziato e
non del metodologo, che deve invece studiare le regole di formazione e di trasformazione del
linguaggio scientifico.
Le leggi naturali vengono a ridursi a modelli schematici secondo i quali si possono formulare
delle proposizioni descrittive dei fatti.
Inoltre le leggi naturali sono anche espressioni delle proprietà formali del sistema linguistico
usato per esprimerle. Mentre è un fatto empirico che gli oggetti si comportino o no secondo
schemi, per poter conoscere qualcosa sulle forme prese da questi oggetti, bisogna ordinare
secondo le loro proprietà formali le espressioni del linguaggio. Questo vuol dire che un fatto
descritto in un certo linguaggio deve essere compatibile colle caratteristiche logiche della
descrizione.
Decisiva, mi apparve in seguito la critica al Tractatus mossa da Tarski. Egli provò che in un
linguaggio sufficientemente potente non può esservi criterio di verità; cioè criterio di
corrispondenza: la questione se una proposizione sia vera non è in generale decidibile attraverso i
linguaggi. Ma Tarski andò oltre: incorporando nella logica l’idea di verosimiglianza o
approssimazione alla verità (che approfondirà Popper) rese la logica ancora più realistica.
Infatti ora si può parlare ordinariamente del modo in cui una teoria corrisponde meglio di un’altra
ai fatti – i fatti del mondo reale.
Concludendo, è bene ricordare che in opere successive, quali “Le note filosofiche”,
Wittgenstein ha moderato alquanto la sua posizione logicista, slittando verso posizioni più
aperte ai risultati della frequenza empirica, tanto da interessarsi più alla probabilità di eventi che a
quella di proposizioni. Fu lui stesso, quindi, che in un certo senso andò oltre il suo Tractatus.