Per convivere con i Virus quale regime è più idoneo?
Nonostante la boria centralista e pseudo-efficientista dei regimi autocratici, l'impatto pandemico del Covid-19 ha trovato risposte organizzative e tecnologiche soddisfacenti solo nei sistemi democratici.
La maggior parte delle pandemie, come è noto, proviene da animali che ci trasmettono i loro
virus, funghi, parassiti o batteri. Il meccanismo di trasmissione è cominciato circa diecimila
anni fa con la nascita dell’agricoltura, che ha comportato una convivenza ravvicinata tra
noi e gli animali addomesticati. Finché eravamo nomadi, cioè durante quei due milioni e
ottocentomila anni che hanno plasmato il nostro organismo, il contatto con gli animali era
occasionale, ostile, sporadico e breve. Con l’agricoltura li abbiamo schiavizzati, ce li siamo messi
in casa. I nomadi si spostavano di continuo, allontanandosi così dalle proprie feci e dai cadaveri,
umani e animali. Con la coltivazione dei campi le feci sono diventate concime e parte del nostro
habitat sedentario.
Non è un caso se i primi a inventare una sorta di proto-vaccino contro il vaiolo furono i
cinesi, che da quel morbo erano stati infettati per millenni. Usavano un metodo rudimentale,
graffiavano i bambini per procurargli piccole ferite, sulle quali applicavano minuscole strisce di
pelle essiccata prelevata dalle pustole dei malati di vaiolo. Certo, un metodo meno efficace del
vaccino che Edward Jenner scopri nel 1796 ma non effimero. Del resto, da quando esiste, la
civiltà cinese è stata un incubatore di epidemie. Per una ragione semplice: è stata sempre la più
popolosa della Terra, con alte concentrazioni di abitanti, una densa promiscuità tra umani e
animali che ne fa un laboratorio ideale per il trasferimento dei germi.
Ai nostri giorni con la pandemia da Covid 19 ancora tragicamente attiva circolano strane
congetture: su quale modello politico-sociale sia il più idoneo a vincere la battaglia contro il
coronavirus; su come e quando esattamente questo maledetto virus sia nato e poi si sia
diffuso in tutto il mondo partendo dalla Cina.
CHE UN REGIME AUTORITARIO SIA PIU’ EFFICIENTE CONTRO LE EPIDEMIE E’
MOLTO DISCUTIBILE.
Anzitutto, la menzogna e il ritardo nella denuncia avvenuti proprio all’interno di un regime
autoritario hanno creato danni enormi a tutti. Poi diciamolo: l’Oriente non è solo la Cina, e
altri modelli asiatici democratici ci hanno impressionato nelle prime risposte alla pandemia,
tranne l’India.
La Corea del Sud ha saputo compiere in poche settimane un multiplo dei test diagnostici
realizzati negli Stati Uniti o nei maggiori paesi europei. Ha usato metodi avanzati per tracciare e
isolare i focolai di contagio. Senza arrivare alle misure estreme della Cina, ha avuto, però, un
accesso invasivo a informazioni sui cittadini: localizzazioni Gps, transazioni delle loro carte di
credito, filmati dalle videocamere di sicurezza disseminate sul territorio hanno consentito una
sorveglianza dei movimenti individuali dei contagi. A tutti gli altri cittadini veniva segnalato in
tempo reale se si trovavano nelle vicinanze di un malato. Singapore ha usato sistemi simili, tra
cui l’app TraceTogether, che usando il Bluetooth misura le distanze tra le persone e la durata dei
loro incontri. Taiwan aveva già in vigore prima della pandemia leggi d’emergenza che prevedono
sanzioni pesanti per chi infranga le regole di quarantena. Decisiva è stata la collaborazione dei
cittadini, fino a forme di delazione: vicini di casa pronti a denunciare chi non rispetta le regole o
tenta di nascondere sintomi patologici alle autorità. Tutti i paesi democratici dell’Estremo Oriente,
compreso il Giappone, hanno, dunque, usato pressappoco gli stessi metodi: un misto di alta
tecnologia, efficienza dello Stato, disciplina collettiva, cooperazione dei cittadini, obbedienza
totale alle regole. Il tutto con l’assoluta trasparenza. Questi paesi non hanno mai nascosto quel che
stavano facendo. Hanno informato i loro cittadini in ogni dettaglio, riscuotendo consenso.
Altro il comportamento cinese. Già dal 17 novembre 2019 le autorità sanitarie cinesi
“tracciarono” il nuovo virus a Wuhan nello Hubei. Per un mese e mezzo non accadde nulla,
nonostante lo pneumologo Zhao Jianping a dicembre avesse diagnosticato diversi pazienti col
coronavirus. Dall’alto arrivò l’ordine perentorio di tacere. Questo implacabile depistaggio farà
montare in seguito una teoria del complotto a grande diffusione sui media: la pista del virus
fabbricato in un laboratorio biotecnologico di Wuhan, dove si sperimentano guerre
batteriologiche. La stampa mondiale ha costruito scenari da fiction, del tipo “Terza guerra
mondiale scatenata da un attacco batteriologico”. L’intelligence americana, che pure non è
morbida con i cinesi, ha escluso categoricamente una responsabilità deliberata delle autorità di
Pechino nel fabbricare il coronavirus.
A febbraio 2020 i media governativi cinesi descrivono Xi Jinping al comando delle operazioni di
contenimento, investito della responsabilità di guidare la reazione sanitaria. Con il crescendo
incontrollato dei contagi, si scatena sui social media cinesi una rivolta di massa che lo
prende di mira. Si mobilita la cyber-polizia che cancella a gran velocità le accuse e le critiche al
governo; ma la quantità delle proteste è tale che l’apparato censorio (centomila tecnici) è
sopraffatto. A questo punto Xi sparisce. Se Xi abbia per un attimo temuto che il suo potere potesse
vacillare, forse non lo sapremo mai. Poi, l’armata dormiente (90 milioni di iscritti al Partito
comunista) è stata chiamata al fronte e ha risposto all’appello. Si sono rivisti in azione i comitati
di quartiere, le cellule di condominio, i militanti di base. La situazione è ritornata sotto il
completo controllo dell’apparato.
Nel frattempo i focolai del contagio avevano migrato negli altri paesi del continente asiatico
e in Occidente. Dietro il tremendo bilancio di vite umane falciate dal coronavirus è nato in
Cina, ed anche in casa nostra, la leggenda che i governi democratici non sono assolutamente
in grado di organizzare risposte efficaci all’altezza dell’emergenza pandemica. Solo uno
Stato autoritario è in grado di farlo oggi e domani.
ATTENTI A QUESTI FACILI ASSIOMI. Come ho già detto, in Oriente non c’è un unico
modello. Del resto, gli shock traumatici nella storia spesso accentuano, rafforzano e accelerano
delle tendenze invisibili o nascoste che erano in atto, sommovimenti che stavano facendo tremare
la superficie terrestre, originati da forze molto ma molto più profonde: come il bisogno
insopprimibile di libertà e trasparenza.
Tuttavia, una cosa su cui sarebbe utile, a noi occidentali, riflettere: NOI siamo concentrati sui
valori e sui diritti del singolo, LORO abitano un universo comunitario. Un punto di equilibrio
pare sia stato trovato nelle società asiatiche democratiche dopo un faticoso attraversamento di
fasi: dell’emulazione, dell’omologazione, del rifiuto, della rincorsa, del sorpasso e della riscoperta
delle radici.