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Società a rischio e sviluppo eco-compatibile

La crisi ambientale non minaccia la nostra esistenza in quanto tale, ma le forme e i modi, di notevole successo, che hanno determinato il livello attuale della nostra civiltà. Occorre salvaguardare le chances globali delle future generazioni.

Ogni specie vivente vede il proprio successo evolutivo determinato dalle risorse che
l’ambiente le offre, e dalle proprie capacità di adattamento: queste ultime possono
manifestarsi in ambiti molto diversi, da quello anatomico, a quello fisiologico, a quello
comportamentale. Poiché con definizione molto generica si può dire che la sfera della politica
concerne almeno una parte dei comportamenti della specie umana – i comportamenti socialmente
organizzati -, il nesso tra “politica” ed “ecologia” è ovvio – o tale dovrebbe risultare.
In realtà, però, la consapevolezza di tale nesso ha raggiunto, nelle diverse società e in fasi
storiche diverse, livelli differenti. Un esempio di società ad alto livello di consapevolezza della
connessione tra politica ed ecologia ci è fornito dalle prime società storicamente documentate, gli
antichi imperi fluviali mesopotamico o egizio.
Se gli antichi imperi fluviali possono costituire esempi di società fortemente
consapevoli della connessione fra politica ed ecologia, fra le società meno consapevoli
dobbiamo considerare le società industriali, tanto a economia liberale quanto, ancor più,
quelle che furono le economie pianificate.
Certo, bisogna rendersi conto che sotto il profilo concettuale è molto difficile prendere atto
della irreversibilità dei fenomeni.
Noi contemporanei ci siamo abituati a pensare che l’uomo riesce a risolvere sempre i
problemi via via che essi si pongono, e questo significa di fatto e concettualmente (anche se
inconsapevolmente) ipotizzare che i processi siano tutti reversibili. Così non è, però.
La legge della produttività decrescente dell’energia sussidiaria (Odum) ci avverte, ad
esempio, che la produttività del nitrato artificiale, misurato in termini di resa addizionale, sta
diminuendo, e le verifiche sperimentali lo confermano; un giorno la produttività del nitrato sarà
così bassa che non potremo più impiegarlo. Rinviare le decisioni sul modo di concimare la terra a
“quel giorno” significa ipotizzare che gli uomini che saranno vivi “quel giorno” saranno tanto
liberi di modificare le tecnologie di concimazione quanto siamo liberi di farlo noi, adesso; ma
questo non è vero, proprio così come noi siamo meno liberi dei nostri padri.
Fare i conti con la irreversibilità dei fenomeni fu difficile nell’ambito della conoscenza
fisica del mondo, ancora più difficile è fare questi conti nell’ambito dell’intervento politico, dal
quale ci si aspetta, che possa in ogni momento intervenire sulla catena causa-effetto. L’insistenza
degli ecologi veri e seri sulla nozione di “punto di non ritorno” è volto unicamente a far penetrare
l’idea di questa benedetta irreversibilità dei fenomeni, non si basa sul presupposto che sia
minacciata la sopravvivenza della specie umana, in chiave catastrofista.
Fra l’altro, quel che abbiamo imparato a proposito della “cultura della complessità”
ci dovrebbe tenere al riparo da previsioni a lunghissimo termine basate su estrapolazioni
lineari assolutamente incerte o cervellotiche.
Non si dovrebbe mai dimenticare, poi, che quando si ha a che fare con fenomeni di
equilibrio ecologico globale, i modelli interpretativi non sono verificabili mediante una serie
sistematica di esperimenti di laboratorio, perché disponiamo di un unico esemplare del sistema: il
nostro pianeta.
IL PROBLEMA SEMBRA INVECE UN ALTRO: Il peggiorare delle condizioni
ambientali del pianeta, l’inquinamento di aria, acqua, suolo o il riscaldamento climatico, possono
eliminare molte opportunità di vita, produrre squilibri e costi per determinati gruppi umani anche
in misura assai considerevole, rendere ancora più difficile e insicura l’attività produttiva e
riproduttiva in determinate aree del pianeta, spingendo intere comunità a muoversi, spostarsi,
emigrare. Le peggiori condizioni ambientali possono inoltre ridurre – ed è questo l’aspetto più

rimarchevole dei rapporti intergenerazionali – le chances globali delle generazioni future, intese
come stock di conoscenze, stock di tecnologie, stock di capitale prodotto dall’uomo e stock di
beni ambientali in misura non inferiore a quello ereditato dalla generazione attuale.
La crisi ambientale non minaccia la specie in quanto tale dunque, come vorrebbero farci
credere, contrapponendosi all’antropocentrismo, gli ecologisti catastrofisti antiumanitari, ma le
forme e i modi, fino ad oggi dotati peraltro di una notevole capacità di successo, attraverso i quali
essa si è fino ad ora riprodotta, determinando il livello attuale della nostra civiltà, la sua
articolazione e struttura. Perciò: se si combatte contro l’effetto serra, o contro l’inquinamento di
aria, acqua e suolo, non è per gli squilibri ecologici in quanto tali che essi possono determinare,
ma perché si è convinti che da essi potrebbero venire sconvolgimenti nel nostro processo di
civilizzazione.
Oggi, la potenza distruttiva della crescita sull’equilibrio biologico è l’effetto
combinato dello sviluppo della popolazione nelle aree più povere (a un ritmo che raddoppia
ogni 50 anni) e della produttività delle aree ricche (a un ritmo che raddoppia ogni 40 anni).
Tutto ciò comporta una gigantesca trasformazione. Realmente una nuova era, sia dal punto
di vista dei meccanismi di regolazione su scala mondiale, e quindi della conseguente capacità di
governarli globalmente (cibo, acqua dolce, energia), che da quello di una profonda rivoluzione
tecnologica, che assecondi e sostenga questo cambiamento (biotecnologie, energie rinnovabili (da
aggiuntive a sostitutive delle energie fossili sviluppando la tecnologia dell’accumulo), nuovi
materiali, digitalizzazione, Intelligenza Artificiale). Oltre il grave problema dell’attuale
enorme disordine geo-politico causato dal riemergere di aggressive ideologie nazionaliste-
espansioniste, il problema più classico e più grande è poi, come al solito, che il rinnovato
motore efficiente/efficace del cambiamento dovrà sostituire il vecchio per gradi e mentre la
macchina è in moto.

Tommaso Basileo

®TommasoBasileo - 2024

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